Salì agli onori della cronaca politica durante le Regionali del 2017, quando la notte prima della scadenza per la presentazione delle liste cambiò casacca, abbandonando Fabrizio Micari per sostenere Nello Musumeci. Una scelta dell’ultima ora che si rivelò vincente ma non priva di polemiche: sui santini elettorali rimase la foto con il candidato precedente, alimentando l’etichetta di “double-face”. Eppure a Catania, Alessandro Porto gode di considerazione trasversale. Viene apprezzato come amministratore concreto, «uno che fa», indipendentemente dal colore politico. Lo dimostra la sua storia: da Enzo Bianco a Raffaele Stancanelli ed Enrico Trantino, passando per Forza Italia, Udc, Lega, e infine il ritorno al Movimento per l’Autonomia.
Quando ha lasciato la giunta Trantino per subentrare all’Ars al posto di Giuseppe Castiglione — sospeso per un’inchiesta per mafia — sembrava scontato il suo ingresso nel gruppo degli autonomisti. Ma nella seduta di ieri ha spiazzato tutti iscrivendosi al gruppo misto. Ufficialmente nessuna spiegazione, ma chi lo conosce parla di delusione e scarso coinvolgimento nel progetto “Grande Sicilia”, freddezza a Palermo, isolamento a Catania. «Deciderò più avanti», avrebbe confidato.
Nel frattempo, anche nel Partito Democratico siciliano il clima è tutt’altro che sereno. Dopo il tentativo fallito di Antonello Cracolici — storico esponente della sinistra siciliana — che aveva scritto un messaggio su WhatsApp, adesso un gruppo di iscritti ed ex fondatori del partito prova a farsi sentire con una lettera aperta alla segretaria nazionale Elly Schlein.
«Siamo un gruppo che ha raccolto migliaia di firme per chiedere che il congresso regionale del Pd si celebri con le primarie aperte», si legge nel documento. «Non sappiamo cosa ti abbiano raccontato, ma ti chiediamo di ascoltare anche la nostra voce. Il Pd è casa nostra. Le primarie sono lo strumento identitario del partito e l’innovazione più forte introdotta negli ultimi anni. In assemblea, però, è stato detto di no: un voto è stato consumato, ma noi chiediamo almeno di sapere chi ha votato. È una questione di trasparenza, a cui ci viene ancora negata risposta. Ti chiediamo di non voltarti dall’altra parte».
Dall’altro fronte, i sostenitori di Anthony Barbagallo procedono spediti verso la riconferma alla segreteria regionale. Sono 300 i nomi raccolti a sostegno della sua mozione “RigeneriAmo il Pd”. «Abbiamo costruito questa lista pensando al bene comune del partito, degli iscritti e di chi vuole un’alternativa alle destre», ha dichiarato Barbagallo. «Il congresso non deve essere una prova di forza interna, ma l’occasione per rendere il Pd all’altezza delle sfide future. E per farlo servono rinnovamento, esperienza e soprattutto spazio ai giovani, che rappresentano il 20% della nostra squadra». Una doppia sfida, dunque, quella che si consuma tra i palazzi della politica siciliana: tra abbandoni silenziosi e congressi agitati, la linea di faglia resta aperta.