È un precedente destinato ad aprire una profonda crepa nell’universo di Cosa nostra quello fissato dal Tribunale per i minorenni di Palermo. Con una sentenza che farà scuola, il collegio presieduto da Mariarosaria Gerbino ha dichiarato la “decadenza della responsabilità genitoriale” di un uomo condannato in via definitiva a 20 anni per aver diretto la piazza di spaccio della Vucciria, nel mandamento di Porta Nuova. Secondo i giudici, «la partecipazione all’associazione mafiosa è sintomatica di un’inadeguatezza alle funzioni genitoriali»: modelli di vita fondati su violenza, prevaricazione e illegalità rappresentano «un rischio estremo per il percorso educativo» dei figli. A pochi giorni di distanza un’altra pronuncia, firmata dal collegio guidato da Alessandra Puglisi, ha tolto la potestà a un trafficante di droga condannato a 7 anni: lo “stato detentivo di lunga durata” – scrivono i magistrati – impedisce di fatto qualsiasi esercizio positivo del ruolo di padre, trasformandosi in «grave pregiudizio» per i minori. In entrambi i casi i bambini restano con le madri, ritenute estranee alle logiche criminali.
Le decisioni del tribunale palermitano recepiscono la strategia portata avanti dalla procuratrice per i minorenni ”Claudia Caramanna”, da tempo sotto scorta per le ripetute intimidazioni ricevute. Negli ultimi mesi il suo ufficio ha chiesto la decadenza della potestà in numerosi procedimenti, avviando parallelamente colloqui con le mogli dei boss per proporre loro un percorso di allontanamento dal contesto mafioso grazie al protocollo “Liberi di scegliere”, ideato in Calabria dal giudice Roberto Di Bella e ora applicato anche in Sicilia. Il 28 maggio 2025 quell’impianto culturale è divenuto legge: l’Assemblea Regionale Siciliana ha approvato la “prima normativa organica “Liberi di scegliere” che consente l’allontanamento di madri e figli dai clan, garantendo sostegno economico, psicologico e abitativo a chi intraprende un nuovo percorso di vita” . La norma introduce anche équipe territoriali dedicate al monitoraggio dei minori provenienti da famiglie criminali e prevede protocolli di collaborazione fra Tribunali, Procure, servizi sociali e aziende sanitarie.
Proprio a Catania il presidente del Tribunale per i minorenni “Roberto Di Bella”, insieme all’”ASP di Catania”, ha siglato il “primo accordo operativo” che prevede la presenza stabile di “sei Équipe multidisciplinari integrate (EMI)”: psicologi, assistenti sociali, educatori e medici dell’azienda sanitaria lavorano gomito a gomito con l’autorità giudiziaria per valutare, prendere in carico e seguire i minori allontanati dai contesti mafiosi. Il protocollo – unico in Italia per ampiezza di mezzi e personale dedicato – è ora il cuore del piano attuativo della nuova legge regionale, che lo assume come modello territoriale.
Nella prassi quotidiana le EMI consentono di “abbreviare i tempi delle perizie”, garantire un “supporto clinico e psicologico continuativo” ai ragazzi e ai genitori che scelgono di rompere con l’ambiente criminale, e favorire il reinserimento scolastico grazie a una rete di tutor educativi. «L’ASP ha fatto un investimento straordinario – ha dichiarato Di Bella – e i risultati di questi primi due anni dimostrano che integrare sanità e giustizia minorile è la strada giusta». Le due decisioni di Palermo, sommate al consolidamento del modello catanese e al varo della legge regionale, tracciano un percorso chiaro: “essere organici alla mafia rende incompatibili con il ruolo genitoriale”, non solo per l’assenza fisica dovuta alla detenzione, ma perché – come annotano i giudici – il semplice esempio quotidiano di un padre affiliato «normalizza la violenza e la logica del dominio».
Per gli investigatori il nuovo indirizzo potrà avere un impatto “esponenziale” sulla “tenuta delle famiglie mafiose”, costringendo i clan a fronteggiare la possibile perdita di un “capitale sociale” fondamentale: i figli. Sul piano sociale, invece, il sistema di protezione previsto dalla legge “Liberi di scegliere” offre alle madri uno strumento in più per recidere il legame con i boss e costruire un futuro fuori dall’illegalità.
Mentre a Palermo la Procura minorile continua a istruire procedimenti per la decadenza della potestà in altri nuclei familiari legati ai mandamenti di Porta Nuova, Brancaccio e Pagliarelli, “Catania si candida a laboratorio nazionale”, dove ci sarà anche un monitoraggio congiunto ASP–Tribunale sulle EMI per misurarne gli effetti. È la conferma di un cambio di paradigma: proteggere i bambini vuol dire “spezzare oggi la catena di recrudescenza mafiosa di domani”, trasformando la cura e l’educazione in un vero strumento di lotta alla criminalità organizzata.