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Rifondare la rappresentanza: tornare alle preferenze per restituire voce al territorio

L’abolizione del voto di preferenza in Italia risale alla Legge n. 165 del 3 novembre 2017, meglio conosciuta come Rosatellum bis. Promossa da Ettore Rosato (PD) e sostenuta da gran parte delle forze parlamentari – dal Pd a Forza Italia, dalla Lega a Alternativa Popolare – questa riforma ha introdotto un sistema misto in cui il 37 % dei seggi spetta ai collegi uninominali e il 63 % viene assegnato con metodo proporzionale su liste bloccate, eliminando ogni possibilità di indicare candidati specifici. Lo scopo dichiarato era favorire la governabilità e le alleanze preventivamente definite, ma uno degli effetti più controversi è stato la frattura del rapporto diretto che un tempo legava l’elettore al suo rappresentante: oggi deputati e senatori rispondono soprattutto ai vertici di partito, non ai cittadini che li hanno votati. Di fronte a questa cesura, si sta aprendo un dibattito sul ritorno delle preferenze in sede di spartizione dei seggi, affiancate a un turno unico di elezione. L’idea è di coniugare la semplificazione elettorale – con un’unica scheda, una sola giornata di voto e l’abolizione del ballottaggio – alla possibilità di scegliere anche i propri candidati, restituendo protagonismo agli elettori.

A porsi con forza a favore di questa scelta è la Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni. “Credo saremmo di grande servizio alla nazione se, insieme alla riforma del governo, accompagnassimo una legge elettorale in grado di ricostruire il rapporto eletto–elettore e consolidare la democrazia dell’alternanza. Sono sempre stata favorevole alle preferenze e resto aperta all’idea di reintrodurle”, ha dichiarato di recente. Una presa di posizione che non sorprende, se si considera il suo percorso politico: da giovanissima attivista di destra, Meloni è cresciuta nelle organizzazioni studentesche e giovanili, è stata consigliere comunale a Roma, deputato e poi ministro della Gioventù. Nel 2012 ha fondato Fratelli d’Italia, portandolo in pochi anni da formazione minoritaria a forza di governo. Tutto questo, ascoltando i problemi quotidiani, confrontandosi con i sindaci, dialogando con i cittadini nei mercati e nei quartieri. Conoscendo “dal basso” i territori, dalle borgate romane alle province meridionali, il presidnete del Consiglio sa bene cosa significhi rappresentare davvero un elettore.

L’esperienza delle elezioni regionali in Piemonte nel 2024 ha mostrato come un sistema a turno unico, con scheda mista (voto di lista più possibilità di esprimere fino a due preferenze, una per genere), possa funzionare egregiamente: esiti rapidi, buona rappresentatività e diretta scelta del candidato. Ripristinare il voto di preferenza significa molto più di un adeguamento tecnico: è un atto coraggioso di ritorno alla politica come servizio. Significa restituire alle comunità – sindaci, amministratori locali e associazioni di categoria – il potere di scegliere chi veramente le conosce, chi ha esperienza diretta dei problemi delle famiglie e delle imprese del territorio.

È l’occasione per riscoprire il senso più alto della democrazia: non un’astrazione da scheda elettorale, ma un patto quotidiano tra chi governa e chi è governato, fatto di ascolto, impegno e responsabilità condivisa. Deputati e senatori tornerebbero a percorrere i comuni, a incontrare i cittadini nei quartieri, a partecipare alle assemblee pubbliche – come avveniva un tempo –, riportando in Parlamento voci reali sulle strade, nelle scuole, nelle officine e nei mercati rionali. Proporre un sistema che coniughi turno unico e preferenze vuol dire anche rafforzare la democrazia dell’alternanza. Se le liste bloccate hanno semplificato la composizione delle coalizioni, la scomparsa delle preferenze ha impoverito il pluralismo interno ai partiti. Reintrodurre la scelta del candidato ridarebbe dignità ai parlamentari di “provincia”, contrastando la tendenza a privilegiare volti televisivi o figure di corridoio. Il percorso non è semplice: serve un ampio consenso parlamentare e la collaborazione di tutte le forze politiche.

Oggi più che mai, in un mondo in rapida trasformazione, l’Italia ha bisogno di parlamentari che nascano “tra la gente” e per la gente, non di nomine dall’alto. Ripristinare le preferenze in sede di riparto dei seggi è la chiave per ricostruire un rapporto di fiducia tra elettori ed eletti, per restituire al Parlamento la sua funzione primaria: indirizzare e controllare l’azione del Governo sulla base delle reali esigenze dei cittadini.

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Published by
Alfio Musarra