
Piccoli passi, nel labirinto della politica siciliana. È così che il presidente della Regione Renato Schifani prova a tenere insieme la maggioranza di centrodestra, convocata a Palazzo d’Orléans per gettare le basi della legge di stabilità 2026. Sul tavolo, per la prima volta dopo anni, c’è un avanzo di bilancio stimato in oltre 600 milioni di euro. Ma l’unità, ancora una volta, resta un miraggio fragile.
Secondo quanto filtra dal vertice, circa 200 milioni saranno destinati alla decontribuzione per le imprese che assumono nuovo personale. Altri 200 milioni dovrebbero finanziare norme “di carattere generale” per rilanciare lo sviluppo dell’Isola, mentre 100 milioni ciascuno andranno alle spese obbligatorie degli assessorati e all’Assemblea regionale. In pratica, una spartizione equa tra governo e parlamento per evitare nuovi conflitti politici.
Le tensioni, però, restano sullo sfondo. L’assenza dell’assessore all’Economia Alessandro Dagnino e del leader autonomista Raffaele Lombardo ha fatto rumore, mentre le frizioni interne si sono concentrate sul tema più spinoso: la pianificazione strategica regionale, attualmente affidata al dirigente esterno Salvatore Iacolino, inviso a Fratelli d’Italia. A margine del vertice, il nodo è stato affrontato direttamente tra Schifani e il commissario regionale di FdI, Luca Sbardella, che ha ribadito «la fiducia nel presidente e l’impegno a risolvere le criticità nel settore sanitario».
Il confronto, tuttavia, non ha dissipato le ombre. Una parte di Forza Italia continua a difendere Iacolino, ritenendo che la sua rimozione sarebbe «un segnale di debolezza» nei confronti degli alleati. Dall’altro lato, FdI non ha indicato sostituti ma ha posto come unica condizione la sua uscita di scena.
Tra equilibri precari e veti incrociati, la coalizione ha fissato anche le priorità legislative: riforma degli enti locali, dei Consorzi di bonifica, della dirigenza regionale e del regolamento sul voto segreto. Un programma ambizioso, che però si scontra con una maggioranza divisa e una manovra ancora in fase embrionale. «Il clima resta costruttivo», ha dichiarato Schifani, ma nei corridoi dell’Ars cresce il timore di un autunno di fuoco.
Se il presidente dovesse riuscire a ottenere le dimissioni di Iacolino e a gestire l’effetto domino delle nomine nelle aziende sanitarie, qualcuno resterà comunque scontento. In una stagione politica segnata da malumori sotterranei, la manovra economica più ricca degli ultimi anni parte già in salita, con una coalizione che cerca stabilità ma continua a convivere con la sua instabilità strutturale.
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