Il giudice per le indagini preliminari di Catania ha disposto l’archiviazione dell’inchiesta, contro ignoti, sull’omicidio del collaboratore di giustizia Luigi Ilardo, accogliendo la richiesta della Procura. Si tratta della seconda archiviazione sul caso: la prima risale al novembre 2022 e vedeva tra gli indagati l’ex vicecomandante del Ros dei Carabinieri, il generale Mario Mori. La nuova indagine era stata riaperta dopo una denuncia del colonnello Michele Riccio e la trasmissione degli atti dalla Direzione distrettuale antimafia di Firenze. Al centro dell’inchiesta, la fuga di notizie sulla collaborazione di Ilardo e il mancato arresto del superlatitante Bernardo Provenzano.
Ilardo, uomo d’onore della cosca di Vallelunga Pratameno e vice rappresentante provinciale di Cosa nostra a Caltanissetta, era cugino del boss Giuseppe “Piddu” Madonia. Dopo aver avviato una segreta collaborazione con i carabinieri – in particolare con il colonnello Riccio – aveva contribuito alla cattura di latitanti e consentito alle forze dell’ordine di avvicinarsi al covo di Provenzano. Pochi giorni prima della sua prevista formalizzazione come pentito, Ilardo fu assassinato a Catania il 10 maggio 1996. Per l’omicidio, con sentenza definitiva, sono stati condannati Madonia (considerato il mandante), Vincenzo Santapaola (figlio di “Turi”), Maurizio Zuccaro, Santo La Causa, Benedetto Cocimano, Maurizio Signorino e Piero Giuffrida.
La nuova indagine si è concentrata sul modo in cui la notizia della collaborazione di Ilardo sarebbe trapelata, determinandone la morte, e sul perché non fu arrestato Provenzano nonostante la possibilità concreta. Tra gli atti, anche una notifica di differimento pena consegnata a Gela nella casa della cugina di Ilardo – sorella di Madonia – che avrebbe insospettito il boss. Tuttavia, secondo gli accertamenti della Dia, fu lo stesso Ilardo a indicare quell’abitazione come domicilio. Inoltre, la Procura non ha individuato prove univoche sulle modalità della notifica, effettuata dal Ros alla cugina invece che direttamente al collaboratore. Gli inquirenti ritengono che la scelta possa essere stata gestita direttamente dall’autorità giudiziaria, senza responsabilità della polizia giudiziaria.
Nella richiesta di archiviazione si legge che “rimane fondata l’ipotesi che la collaborazione di Ilardo sia stata portata a conoscenza di chi ne provocò la morte”, ma non esistono elementi sufficienti per sostenere un’accusa in giudizio. Da qui la decisione del Gip di chiudere, ancora una volta, il caso.