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Tensioni nella maggioranza siciliana: il Ddl-Consorzi fa saltare gli equilibri e accende lo scontro Schifani-Lombardo

Il primo segnale d’allarme è arrivato martedì sera, quando il disegno di legge sui consorzi di bonifica — da mesi annunciato come tassello chiave della riforma agricola — è stato affondato in Aula da dodici defezioni provenienti dalle stesse file che lo avevano partorito. L’esito inatteso non è soltanto un incidente di percorso: rivela un governo regionale tirato da un lato dall’impulso verticistico del presidente Renato Schifani e, dall’altro, da alleati che non vogliono limitarsi a ratificare decisioni prese altrove. A rendere l’atmosfera rovente è arrivato, poche ore dopo il voto, in un video reso pubblico da la Repubblica. Durante una visita al dissalatore di Porto Empedocle, Schifani — ignaro di essere ripreso — si è rivolto al deputato agrigentino Riccardo Gallo con parole che suonano come un benservito agli autonomisti: «Ieri Di Mauro ha fatto uno show di me… Io questi li tengo ancora per poco». Il riferimento sarebbe all’onorevole Roberto Di Mauro, capogruppo del Movimento per l’Autonomia (Mpa) e tra i più critici sul testo del Ddl-Consorzi.

Le immagini hanno congelato rapporti già incrinati. «È un episodio che non può essere archiviato come una gaffe», spiega un autorevole esponente centrista, «perché certifica la difficoltà del presidente a gestire il dissenso interno». La replica più dura è arrivata da Raffaele Lombardo, ex governatore e leader storico dell’Mpa, che in una nota ha affidato parole pesanti come macigni: «Mi è stato chiesto un commento sulle dichiarazioni del presidente riportate da “Repubblica”. Ho letto, visto e sentito. Brutta storia, ma nessun dramma. Talvolta l’elezione diretta induce all’illusione del potere assoluto; altrove addirittura affidano al presidente la valigetta nucleare. La verità è che il potere logora anche chi ce l’ha: tensione, impegni, stampa, scadenze… Quanto al Ddl-Consorzi, in Aula i deputati Mpa presenti erano tre, ma i voti mancanti una dozzina. L’on. Di Mauro aveva indicato le incongruenze da correggere in riunione di maggioranza: dove avrebbe dovuto farlo, sui giornali?»

Poche righe che condensano un malessere generalizzato: non è la leadership ad essere messa in discussione, bensì il metodo decisionale. Se la linea resta «prendere o lasciare», i partner scelgono sempre più spesso la seconda opzione, come dimostra il voto mancato sul Ddl. Lombardo, sebbene lontano dai riflettori di Palazzo d’Orléans, mantiene un capitale politico tutt’altro che trascurabile. Il suo Mpa è spesso determinante per la sorte dei provvedimenti. Inoltre può contare su una rete di sindaci e amministratori che gli riconoscono la paternità di riforme territoriali come la soppressione delle vecchie Province.

A provare a ricucire è Gianfranco Miccichè, leader di Grande Sicilia, che invita a moderare i toni. «Può capitare che, in un contesto informale, scappi una frase infelice persino al presidente», afferma. «Non è grave, ma è il momento di riflettere prima di parlare. Serve un confronto vero per rafforzare la coalizione, come ha ribadito con lealtà l’on. Di Mauro. Il presidente Schifani sta lavorando bene, ma suggerisco un maggior equilibrio nella gestione dei territori. Le divisioni non giovano a nessuno: responsabilità e spirito di squadra sono la chiave per vincere». Resta da vedere se l’appello verrà ascoltato. Per ora, la maggioranza appare sospesa tra la volontà di andare avanti con il programma di governo e la necessità di ricucire le relazioni interne. Se lo strappo non verrà ricomposto, l’Mpa potrebbe scegliere di smarcarsi definitivamente, divenendo il fulcro di un nuovo mosaico politico in grado di ridisegnare gli equilibri a Palazzo dei Normanni.

Le prossime settimane saranno decisive: il calendario parlamentare è fitto e include provvedimenti sensibili per diverse categorie economiche. Ogni votazione sarà un banco di prova per misurare la coesione di una coalizione che oggi sembra reggersi su un equilibrio sempre più precario. Intanto riecheggia l’avvertimento di Lombardo: «Il potere logora anche chi ce l’ha». E, in Sicilia, chi possiede i voti decisivi continua a sedere al tavolo del comando, o a rovesciarlo, se decide di alzarsi.

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L.P