Renato Schifani
Non ci sono ancora manifesti sui muri né comizi in piazza, ma la campagna elettorale per le regionali del 2027 in Sicilia è già iniziata. Nei corridoi dei partiti e nei caffè delle città, il puzzle delle alleanze prende forma mentre i leader locali misurano parole e mosse. Il centrodestra parte con il vantaggio dell’uscente, e Renato Schifani ha già fatto capire, più volte, che l’intenzione è quella di ricandidarsi per un secondo mandato. Una scelta che, se confermata ufficialmente, darebbe continuità a progetti e alleanze, ma che non spegne le manovre interne: dall’asse autonomista di Raffaele Lombardo al tandem Totò Cuffaro–Luca Sammartino, legati da un rapporto politico e personale consolidato con il governatore siciliano. Sullo sfondo si muove anche Cateno De Luca, leader di Sud chiama Nord, che potrebbe puntare ad allargare la propria base cercando l’appoggio dei delusi di Forza Italia e Fratelli d’Italia, un bacino potenzialmente decisivo se riuscisse a canalizzarlo.
A complicare ulteriormente la mappa ci sono le nuove inchieste giudiziarie che, negli ultimi mesi, hanno scosso palazzi e partiti, ridisegnando equilibri e strategie. Una variabile che in Sicilia, negli ultimi anni, ha spesso avuto il peso di una iattura per candidati e coalizioni, capace di ribaltare scenari dati per scontati e aprire spazi a outsider pronti a capitalizzare l’onda. E se oggi si parla quasi esclusivamente di centrodestra, è forse perché del centrosinistra non si sente più parlare se non per casi di attacchi isolati e senza mordente, lontani dall’offrire un’alternativa strutturata e competitiva. La geografia del voto siciliano resta un mosaico complesso. Nelle metropoli di Palermo, Catania e Messina, la partita si gioca sulla qualità dei collegamenti, sul caro-voli e sull’efficienza percepita dei servizi di prossimità: in questi contesti, la percezione di un autobus puntuale o di un ufficio che risponde subito vale più di molte promesse. Nelle aree interne, dall’Ennese al Nisseno, passando per Nebrodi e Madonie, l’elettorato è fedele ma esigente: qui contano le strade che si rifanno davvero, l’acqua che arriva davvero, le strutture che restano operative.
Sulla fascia industriale ed energetica, da Priolo a Gela fino a Milazzo, le comunità attendono risposte sulla transizione e sulla difesa dell’occupazione: bonifiche avviate, piani di re-industrializzazione concreti, porti e zone logistiche che funzionino davvero. Nell’agroalimentare di qualità — Ragusano, Trapanese, aree vinicole dell’Etna — il tema è la logistica: invasi, catene del freddo, accesso ai mercati esteri. Le isole minori e le coste turistiche guardano alla continuità territoriale, all’affidabilità dei collegamenti e alla gestione ordinata dei flussi: voli e navi regolari valgono più di mille slogan.
Il settore pubblico e i servizi restano un pilastro elettorale: procedure rapide, stabilità e capacità di dare risposte in tempi certi incidono direttamente sulla fiducia verso chi governa. Gli under 35 rappresentano una variabile ancora aperta: tra chi è partito e chi resta a cavallo di stage e contratti brevi, servono case accessibili, spazi di lavoro e bandi semplici; parlare con un linguaggio chiaro, non burocratico, qui può fare la differenza. Sul fondale, la cornice internazionale non è un semplice sfondo: le scelte degli Stati Uniti sui dazi e le catene del valore potrebbero impattare filiere chiave dell’isola, dall’agroalimentare alla meccanica leggera. La guerra in Ucraina e le turbolenze dei mercati energetici continuano a influenzare costi e competitività.
In questo scenario, la campagna che vincerà non sarà quella che promette di più, ma quella che saprà trasformare gli impegni in tappe concrete, visibili e verificabili. Ascoltare i territori, misurare le azioni e mostrare risultati sarà l’unico linguaggio credibile. Perché nel 2027 non basterà dire “ci stiamo lavorando”: la Sicilia, più di ogni altra regione, chiede che il futuro arrivi in orario.