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Permessi premio ai boss ergastolani, cresce la polemica: la Commissione antimafia corre ai ripari

Nonostante condanne definitive all’ergastolo e storie criminali legate a stragi e omicidi eccellenti, diversi capimafia continuano ad accedere ai permessi premio. A rivelarlo è stata nei mesi scorsi un’inchiesta di Repubblica, che ha aperto uno squarcio inquietante sul funzionamento della sorveglianza penitenziaria. Il nodo centrale è che i tribunali di sorveglianza, spesso non richiederebbero i pareri alle procure distrettuali antimafia quando i benefici vengono concessi più volte allo stesso detenuto. La legge, così com’è scritta, glielo permette. A questo si aggiunge un’altra falla: Le decisioni adottate, a quanto pare, non vengono notificate alle Dda competenti.

Una situazione che la presidente della Commissione parlamentare antimafia, Chiara Colosimo, ha definito insostenibile. Dopo una serie di audizioni, Colosimo ha depositato in Parlamento una proposta di legge che punta a chiudere le zone d’ombra e a rafforzare i controlli. Nel testo presentato che repubblica rende noto,si legge: «Il giudice non può pronunciarsi in assenza dei pareri, delle informazioni e degli accertamenti richiesti». Un altro passaggio obbligatorio introdotto dalla proposta prevede che i provvedimenti siano trasmessi «al pubblico ministero presso il tribunale del capoluogo del distretto ove è stata pronunciata la sentenza di primo grado e al procuratore nazionale antimafia, i quali possono proporre ricorso per Cassazione».

A rafforzare la sua iniziativa, Colosimo ha evidenziato come nei primi mesi del 2025 quasi 200 boss abbiano già ottenuto misure premiali: «i permessi premio concessi annualmente sono cresciuti in modo significativo … nei primi mesi del 2025, quasi 200 boss hanno ottenuto misure premiali, le quali, qualora concesse senza controlli adeguati, rappresentano un pericolo concreto per la tutela della collettività e motivo di grande allarme sociale tra i cittadini».

Tale contesto ha acceso i riflettori su figure altamente simboliche come Raffaele Galatolo (noto come lo “strangolatore” dell’Acquasanta), Ignazio Pullarà (custode di storici segreti mafiosi) e Salvatore Rotolo (condannato per l’omicidio del professor Paolo Giaccone), tutti tornati in libertà per le festività senza che le procure fossero informate. Altri casi citati riguardano boss legati a stragi e attentati: Giovanni Formoso, coinvolto nella strage di via Palestro e confinato a Napoli ma autorizzato ad usufruire di permessi, e Salvatore Benigno, esperto di esplosivi condannato per diversi crimini gravi, che ha beneficiato di oltre duecento permessi orari con motivazioni di “studio”. Un dato che rappresenta una punta dell’iceberg di un sistema traballante.

L’emergenza è emersa anche nelle audizioni tenute da Colosimo. In una di queste, la stessa presidente ha affermato: “Non appena avremo il quadro completo, sentiremo in audizione il capo del Dap” per chiarire la situazione.

Il quadro normativo, va ricordato, nasce da una pronuncia della Corte Costituzionale del 2019 che estese l’accesso ai benefici ai mafiosi, purché non fosse in corso «l’attualità della partecipazione all’associazione criminale» né fosse configurabile «il pericolo del ripristino di collegamenti con la criminalità organizzata». La Cassazione ha aggiunto che è necessario che il detenuto abbia risarcito le vittime, ma nella pratica queste clausole vengono spesso aggirate dichiarando una situazione di nullatenenza a causa dei beni precedentemente sequestrati. In aggiunta, in un’intervista, Colosimo ha commentato l’uscita di Giovanni Brusca — ex boss mafioso divenuto collaboratore di giustizia — annunciando che “presenterò, cosa che ha fatto, un pacchetto per fissare meglio i paletti” sui permessi premio.

La proposta di legge di Colosimo rappresenta un tentativo concreto di sanare una falla istituzionale grave, restituendo ruolo centrale alle procure antimafia e introducendo obblighi trasparenti nelle procedure sui permessi premio. In un quadro dove emergono casi e numeri preoccupanti, l’azione della Commissione punta a proteggere la collettività e a impedire che i permessi diventino strumenti per ripristinare reti criminali dalla detenzione. A breve, salvo complicazioni, il testo approderà in aula.

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Published by
Alfio Musarra