Una nuova intimidazione scuote la procura per i minorenni di Palermo: all’interno di un fascicolo relativo alla richiesta di decadenza della responsabilità genitoriale di un boss di Cosa Nostra è stato rinvenuto un ritaglio di giornale con la foto di Giovanni Falcone, sul quale qualcuno ha tracciato una grande croce in corrispondenza del volto della procuratrice Claudia Caramanna e tre croci più piccole accanto. La notizia è riportata dal quotidiano “La Repubblica Palermo” oggi in edicola. L’episodio arriva a pochi giorni dalle audizioni delle mogli dei 180 boss coinvolti nell’ultimo blitz della DDA, durante le quali la procuratrice ha offerto a ciascuna la possibilità di tutelare i propri figli, anche allontanandoli dal territorio: un messaggio forte e inedito, sancito dal protocollo “Liberi di scegliere”, che mira a sottrarre i minori alla cultura mafiosa.
Non è purtroppo il primo avvertimento: nell’agosto scorso, dentro un altro fascicolo, qualcuno aveva infilato un foglio con la minaccia «Devi smetterla di occuparti dei figli degli altri». In quelle settimane la sede del tribunale era stata trasformata in set cinematografico per un film su Francesca Morvillo, e qualcuno potrebbe essersi introdotto nei corridoi. Due anni fa la stanza della procuratrice era stata messa a soqquadro proprio mentre prendevano avvio le prime istanze civili per togliere la responsabilità genitoriale ai figli di mafiosi e trafficanti del quartiere Sperone: fascicoli che, in meno di un anno, avevano già coinvolto circa ottanta famiglie, con esiti che vanno dall’avvio di percorsi protetti — spesso in collaborazione con “Libera” — fino al rischio concreto di allontanamento dei minori.
Nel frattempo, ispirandosi all’esperienza della Calabria, l’Assemblea regionale siciliana ha approvato una legge basata sul protocollo “Liberi di scegliere” per offrire opportunità alternative ai figli dei mafiosi, lontano dai contesti di origine. Inoltre, su impulso del presidente del tribunale per i minorenni di Catania Roberto Di Bella, è in fase di discussione un’altra legge regionale che estende i medesimi percorsi di tutela e recupero a tutti i distretti giudiziari dell’isola, rafforzando i meccanismi di controllo e supporto per i minori a rischio. Grazie all’intesa firmata dalla procuratrice generale Lia Sava, dal procuratore Maurizio de Lucia e dalla stessa Caramanna, i fascicoli civili presso la procura minorile di Palermo sono passati da 33 a 123 in tre anni, permettendo un coordinamento tempestivo tra forze di polizia e magistratura.
Il progetto “Liberi di scegliere”, immaginato dal Presidente Tribunale per i Minorenni di Catania Roberto Di Bella per sottrarre i figli dei clan alla forza d’attrazione mafiosa, oggi si traduce in sistema anche grazie all’ ASP di Catania e alle Equipe multidisciplinari integrate (EMI). Il disegno prende forma nel 2012, quando Di Bella, (allora presidente del Tribunale reggino) osa allontanare ragazzi destinati alla ‘ndrangheta e offrir loro una vita diversa. Nel 2017 quell’intuizione diventa protocollo nazionale sottoscritto con Ministeri, DNA, Libera e CEI; ma mancava un motore sul territorio capace di trasformare l’atto giudiziario in presa in carico clinica, sociale, educativa. Cioè le ASP, con l’avvio delle EMI, composte da neuropsichiatri infantili, psicologi e assistenti sociali dedicate solo ai mandati dell’Autorità giudiziaria. Ognuna diventa l’“ufficio operativo” di Di Bella: valuta la fragilità dei minori, sceglie l’affido o la comunità, segue la scuola, progetta l’inserimento lavorativo dei giovani adulti e accompagna i genitori che vogliono recidere i legami con il crimine.
I numeri presentati il 10 gennaio scorso al Museo Diocesano di Catania, durante il convegno promosso dall’ASP di Catania e dal Tribunale per i Minorenni, “Le EMI: stato dell’arte e prospettive”, parlano da soli: in nove mesi di rilevazione (aprile–dicembre 2024) sono stati effettuati 433 colloqui psicologico-clinici, 382 colloqui sociali, 260 visite di neuropsichiatria infantile, redatte 185 relazioni, somministrati 714 test psicodiagnostici, realizzate 151 osservazioni genitore-figlio, attivate 336 procedure di lavoro di rete e costituite 207 équipe con servizi interni ed esterni all’ASP. Tutto su mandato dei tribunali che, grazie a questo braccio operativo, hanno ridotto del 40 % i tempi di intervento e, soprattutto, evitato che alcun minore tornasse nel clan di provenienza.
Oggi, la legge, forte di 915.330 euro sul bilancio 2025 e di un milione di fondi FSE+ per borse lavoro e abitazioni protette, prevede che ogni ASP siciliana istituisca la propria EMI, replicando l’alleanza giustizia-sanità che a Catania funziona. Così la traiettoria Calabria-Etna si completerà in tutto il territorio regionale, offrendo una risposta al divario educativo che le mafie utilizzano per reclutare. Ma l’orizzonte va oltre lo Stretto: al convegno catanese ha preso parola il procuratore minorile di Napoli Patrizia Imperato, segnale che il distretto partenopeo potrebbe essere la prossima tappa. Lì, dove camorra e baby-gang contendono ai tribunali il destino dei ragazzi, la sinergia tra magistratura e sanità pubblica, sperimentata in Sicilia da Di Bella e l’ASP di Catania, potrà fornire un modello esportabile. In attesa del sigillo legislativo, le EMI continuano a lavorare.