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Mafia e istituzioni, l’analisi del procuratore Curcio

Dall’evoluzione della mafia al voto di scambio, passando per migranti e carceri, il procuratore di Catania disegna un unico quadro di responsabilità sospese.

C’è una Sicilia raccontata da Leonardo Sciascia in cui il potere non è mai solo ciò che si vede, ma ciò che resta sottotraccia, come un filo invisibile che attraversa la storia, le istituzioni, le coscienze. È una metafora che torna attuale leggendo le parole pronunciate dal procuratore di Catania Francesco Curcio in una lunga intervista rilasciata all’ANSA, nella quale emergono tre questioni solo apparentemente distinte: l’evoluzione della mafia, i flussi migratori e la fragilità del sistema carcerario e politico.

Sul fronte della criminalità organizzata, Curcio descrive una mafia che ha cambiato pelle senza perdere sostanza. «Anche nella mafia ci stanno i ricchi e i poveri. C’è la mafia dei poveracci, che sono quelli che gestiscono per conto dei “capi” le piazze di spaccio, che fanno le estorsioni porta a porta, o anche quelle più importanti». È la manovalanza visibile e violenta, che continua a operare sul territorio, mentre alle spalle si muove una struttura ben più solida e invisibile.

I numeri parlano chiaro: «Quest’anno sono stati raddoppiati i procedimenti per estorsione aggravata dal metodo mafioso… siamo passati a settantotto procedimenti mentre erano una trentina negli anni scorsi». Una mafia che «per fortuna non ammazza, come una volta», ma che resta feroce, come dimostrano «pestaggi, sparatorie, atti intimidatori». Accanto a questa dimensione, Curcio individua la vera forza del sistema: «la mafia dei ricchi, che è quella dei grandi appalti, che è sempre più ricca», capace di trasformare i capitali degli anni Ottanta e Novanta in controllo economico stabile.

Anche il traffico dei rifiuti resta un fronte delicato e complesso. Le indagini del passato hanno già prodotto risultati rilevanti, con sequestri e confische di patrimoni per oltre 100 milioni di euro nei confronti di soggetti coinvolti nella raccolta e nello smaltimento.

L’attività investigativa, tuttavia, è ancora in corso e, allo stato attuale, non consente di anticipare nuovi sviluppi: è prematuro trarre conclusioni su eventuali ulteriori esiti.

Il traffico di droga rappresenta il collante di questa nuova fase. «Nel nostro territorio è importantissimo sicuramente il traffico di droga che pesa moltissimo. L’ndrangheta “fornisce” e i siciliani gestiscono poi il traffico successivo fino allo spaccio di strada e la logistica». Un business che apre la porta anche alle mafie straniere: «grazie alle forniture che arrivano dalla Calabria e dagli albanesi, la cui mafia sta anche piantando radici stabili in Sicilia».

Il secondo scenario è quello delle migrazioni, dove l’analisi del procuratore assume un tono esplicitamente politico. «Sulla questione migranti rilevo che c’è quella di serie A, di serie B e di serie C». I più ricchi partono dalla Turchia, i più poveri dalla Libia, in un flusso che «sembra inarrestabile». Qui il filo invisibile si interrompe contro l’assenza di cooperazione internazionale: «Sappiamo come vengono organizzati i viaggi… ma siamo impossibilitati a intervenire alla radice».

Il capitolo più amaro riguarda le carceri. «Il fenomeno veramente preoccupante è la penetrazione dei device all’interno delle carceri», osserva Curcio. La detenzione, invece di interrompere i legami criminali, consente di mantenerli vivi, perché «non si decide a trovare un sistema per isolare il carcere». Da qui l’allarme civile: «Della questione si parla da quattro anni ma nessuno si muove».

Il richiamo alla responsabilità politica è diretto. «Vorrei capire da dove vengono queste resistenze». Fino all’atto d’accusa finale: «I cittadini dovrebbero pretendere che chi ha responsabilità se le assuma».

Ma c’è un ultimo livello, silenzioso e decisivo: il voto. «La capacità delle organizzazioni mafiose di fornire il voto di scambio». «La mafia ancora oggi è capace di mettere a disposizione quel pacchetto di voti che “sposta”». Anche un 5-10% può alterare gli equilibri democratici. È qui che la mafia è più pericolosa: non imponendo, ma offrendo.

Come nei libri di Sciascia, non c’è un colpo di scena finale, ma una responsabilità sospesa. Mafia, migrazioni, carceri e voto sono un unico racconto: quello di uno Stato che conosce i problemi, ma fatica a scioglierli. E finché quel filo invisibile resterà intatto, continuerà a legare potere, silenzi e illegalità.

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Published by
Alfio Musarra