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Giustizia, il Senato approva la riforma: Berlusconi simbolo, referendum tra marzo e aprile 2026

Applausi, tensioni e un clima paradossalmente dimesso: il Senato approva la riforma Nordio-Meloni sulla giustizia, che ora si prepara al referendum confermativo. Tra le celebrazioni di Forza Italia in nome di Berlusconi e i moniti dell’opposizione, la “giornata storica” scivola via senza entusiasmo.

Dovrebbe essere una seduta memorabile – l’aggettivo “storica” è stato ripetuto fino alla nausea – eppure, a palazzo Madama, quella storicità non si respira.
Sarà per la stanchezza di uno scontro politica-giustizia che dura da trent’anni o per una strategia di basso profilo, ma l’aula resta spenta, e si accende solo a tratti.
Il momento più acceso arriva con Roberto Scarpinato, senatore del Movimento 5 Stelle ed ex pm del processo Andreotti, che richiama vecchie ferite: «Non si creda che Berlusconi, Dell’Utri, Cosentino, Matacena, Previti o Verdini fossero vittime: furono condannati perché c’erano le prove».
A quelle parole, l’aula esplode: urla, cori, e un ritorno improvviso agli anni Novanta.

L’ex missino Roberto Menia perde la calma quando Scarpinato accenna al legame tra Fratelli d’Italia e il vecchio Msi “fuori dall’arco costituzionale”. «Ma basta! Ma vaffan…!», urla, prima che il presidente La Russa riporti l’ordine.
Poco dopo, i pallini verdi superano i rossi sul tabellone elettronico: il ddl passa con 112 voti favorevoli e 59 contrari.
Carlo Nordio sorride, riceve selfie e baciamani, mentre tra i banchi si avverte una strana freddezza. Nessun ministro in aula, nessuna foto ufficiale del governo: Meloni non c’è, Salvini assente, Tajani in missione in Niger.
Tutto sembra dire: “teniamola bassa”.

E in effetti è la linea scelta da Fratelli d’Italia.
«Meglio non eccitare troppo gli animi», confida un senatore. Nessuna conferenza stampa, nessuna piazza piena: solo un piccolo flash mob di Forza Italia a piazza Navona, dove una ventina di parlamentari sventolano bandiere accanto a un cartellone con il volto di Silvio Berlusconi.
«Questa è la sua vittoria», dichiara Marina Berlusconi.
Per Adriano Galliani, «è una giornata di sentimento», mentre il forzista Pierantonio Zanettin ricorda che «trent’anni fa, nel primo programma del centrodestra, Berlusconi volle la separazione delle carriere».
Ma non tutti nella maggioranza condividono l’enfasi.
Il capogruppo leghista Massimiliano Romeo invita alla prudenza: «Se si inizia con la storia di Berlusconi non si parte bene. I referendum non vanno politicizzati. Bisogna stare schisci».
Anche Nordio si allinea: «Non è una vittoria personale o politica. È una vittoria dell’idea liberale di giustizia».

In piazza, oltre ai parlamentari, ci sono anche alcune vittime di errori giudiziari, portate come simbolo del “nuovo corso”. Tra loro, l’imprenditore Diego Oliveri, che racconta: «Se ci fosse stata la separazione delle carriere, forse non avrei mai vissuto ciò che mi è accaduto».
C’è anche Serena Grandi, icona degli anni Ottanta, che fu coinvolta e poi assolta in un’inchiesta per droga. Ma l’idea di una “campagna dei testimonial” non sembra scaldare il pubblico.
Tutto appare come un rito politico stanco, un amarcord.
Lo stesso Teodoro Buontempo, simbolo della destra storica, avrebbe probabilmente guardato con ironia questa scena: trent’anni fa, a piazza Navona, tirava monetine a Bettino Craxi dopo il voto sull’autorizzazione a procedere.
Oggi, gli eredi di quella stagione brindano alla riforma che porta il nome di Nordio.

Intanto, le opposizioni e l’Associazione nazionale magistrati preparano la battaglia per il referendum confermativo, previsto tra fine marzo e aprile 2026.
«Il governo non vuole una giustizia migliore, ma pieni poteri», attacca Elly Schlein.
Il comitato per il No, guidato dall’avvocato Enrico Grosso, denuncia: «Questa riforma altera l’equilibrio tra i poteri previsto dai Costituenti».
Ma la premier Meloni risponde con tono calcolato: «Chi pensa che nella giustizia vada tutto bene voterà No, chi crede che si possa migliorare voterà Sì. La parola passa agli italiani».
La vera partita, dunque, è appena cominciata.

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Redazione