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Clan Laudani, arresti e sequestri a Catania nel blitz antimafia

Nell’ambito dell’operazione antimafia promossa dalla Procura di Catania, le Fiamme Gialle hanno arrestato otto persone e condotte in carcere, mentre altri dodici indagati sono stati sottoposti a perquisizione. È stato inoltre disposto il sequestro preventivo di due imprese di Aci Sant’Antonio (una Srl e una ditta individuale) per un valore complessivo di 1 milione di euro e sono stati notificati gli avvisi di conclusione delle indagini nelle province di Catania, Messina, Monza, Pavia, Prato e Reggio Calabria. Al centro delle investigazioni, spiega la Dda etnea, “la permanente operatività del gruppo criminale appartenente al clan Laudani attivo nella provincia di Catania e, in particolare, nei territori di Acireale, Aci Sant’Antonio, Aci Catena e zone limitrofe”. Dall’inchiesta sarebbe emerso il “condizionamento illecito del mercato degli agrumi – soprattutto dei limoni – e dei relativi trasporti”, messo in atto dalla cosca legata a Orazio Salvatore Scuto che, nonostante fosse detenuto, si sarebbe “avvalso di un gruppo di uomini di fiducia per monopolizzare la filiera del mercato agrumicolo dei territori dei paesi pedemontani”. Tra gli indagati figurano Angelo Puglisi, Ivano Aleo, Salvatore Faro, Antonino Di Pino, Giuseppe Scuto e Alessandro Settimo Bonaccorso.

Secondo l’accusa, il boss avrebbe inoltre “dato ordini dal carcere utilizzando schede telefoniche fittiziamente intestate a extracomunitari e introdotte illegalmente in carcere con un drone, restando così in contatto con i fedelissimi che lo chiamavano papà”. Dalle attività della Guardia di Finanza sarebbero “emerse diverse condotte ritenute estorsive a danno di imprenditori del settore e le pressioni intimidatorie esercitate nei confronti degli operatori economici riottosi, con la paventata possibilità di ricorrere a violente rappresaglie, anche per imporre le scelte imprenditoriali in merito alle imprese da escludere o da favorire, tra cui quella riconducibile di fatto a Orazio Scuto”. Infine, la forza di intimidazione del clan, secondo l’accusa, “sarebbe stata, peraltro, assicurata dalla disponibilità di armi, come testimoniato dal contenuto delle conversazioni captate e dal sequestro eseguito nei confronti dell’indagato Scuderi Roberto, a riscontro delle attività tecniche, di due pistole semiautomatiche con matricola abrasa”.

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Redazione