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Catania, la Commissione Antimafia in città: allarme di Curcio e Colosimo su carcere, piazze di spaccio e minori

Notti di sparatorie tra clan per il controllo delle piazze di spaccio, poi all’improvviso il silenzio. È stato l’effetto della massiccia presenza delle forze dell’ordine o soltanto una coincidenza? Il procuratore Francesco Curcio ha definito quanto accaduto una coincidenza favorevole, precisando però che la massiccia presenza delle forze dell’ordine esercita sempre un forte effetto deterrente sulle organizzazioni criminali intervenuto a Palazzo degli Elefanti durante la visita della Commissione parlamentare Antimafia. Il dato che ha aperto i lavori è stato richiamato dalla presidente Chiara Colosimo: «Non dappertutto capita di contare in un mese 146 tra bossoli e cartucce». Un segnale di forte fibrillazione tra i clan, legata alle piazze di spaccio che restano il cuore pulsante della criminalità organizzata. «Siamo di fronte a una mafia su due livelli – ha spiegato Colosimo –: da un lato quella tradizionale, silenziosa, impegnata nei grandi appalti e riconducibile alle famiglie Santapaola ed Ercolano; dall’altro il livello “di strada”, legato al controllo delle piazze di spaccio, che rappresentano un vero e proprio bancomat per le cosche e un’attrattiva pericolosa per i giovani e per le fasce più fragili, come i migranti».

La presidente ha assicurato l’impegno della Commissione «non solo per il capoluogo ma anche per l’intera provincia, dove diversi comuni sono già stati sciolti per mafia, altri sono sotto procedura per infiltrazioni e altri ancora vengono monitorati per comportamenti ambigui». A supporto delle audizioni è stato costituito un comitato ristretto.

Al centro della conferenza, accanto alla Colosimo, il procuratore Curcio ha lanciato un allarme preciso: il sistema carcerario. «Il carcere necessita di una profonda revisione – ha detto -. Oggi più che in passato i boss dettano legge anche dietro le sbarre, persino quelli sottoposti al regime “duro”. Grazie a cellulari e nuove tecnologie continuano a impartire ordini all’esterno, spesso attraverso i familiari». Una situazione che il magistrato definisce «una vergogna». «Nei miei quarant’anni di attività – ha aggiunto – non avevo mai percepito così chiaramente come in questo ultimo periodo, che si protrae ormai da sei-sette anni, il diffuso possesso di telefoni cellulari in carcere. Bisogna impedire che dal carcere partano ordini per estorsioni, rapine e omicidi. Ben vengano le attività di recupero e socializzazione, ma i cittadini devono sapere che non sono più tutelati. Senza un intervento incisivo, anni di indagini rischiano di andare in fumo».

Curcio ha posto l’accento anche sul mercato della droga: «Le piazze di spaccio si sono moltiplicate e questo significa che la domanda di sostanze è in aumento. Non possiamo ignorarlo: chi compra droga alimenta la mafia. Servono provvedimenti più duri e incisivi».

Altro fronte delicato è quello dei minori. Su questo punto il procuratore Curcio ha richiamato il modello “Liberi di scegliere”, ideato dal giudice Roberto Di Bella, che prevede interventi diretti sulle famiglie criminali, fino all’allontanamento dei figli nei casi più gravi. «Se scopriamo che in una casa si confeziona droga davanti ai bambini o si tengono pistole sul tavolo, bisogna intervenire subito secondo quel modello. È efficace e noi lo sosteniamo con forza», ha detto il magistrato.

La presidente Colosimo ha ribadito la volontà di rendere il protocollo una legge dello Stato: «In aula ci sono i numeri perché questo accada. Negli ultimi tre anni e mezzo vi hanno aderito 12 donne e 70 minori. È uno strumento importante per aiutare chi vive in contesti mafiosi ad affrancarsi da quelle logiche». In Sicilia, intanto, “Liberi di scegliere” è già diventato legge regionale, approvato all’unanimità dall’Assemblea regionale lo scorso 21 luglio 2025. La norma offre percorsi di sostegno e protezione sociale ai minori e alle famiglie che vogliono uscire dai contesti mafiosi, prevede l’allontanamento dei bambini da ambienti pericolosi, interventi educativi e supporto per chi sceglie di rompere con le dinamiche criminali. L’obiettivo è anche contrastare la povertà educativa e la dispersione scolastica, sottraendo i figli dei clan a un destino segnato e restituendo loro un futuro diverso.

Il dibattito ha toccato anche la necessità di rafforzare la presenza dello Stato nelle strade. «Le fibrillazioni di agosto sono monitorate dalla magistratura e dalle forze dell’ordine – ha osservato Colosimo –. L’operazione Alto impatto serve proprio a garantire un controllo stringente». Alla domanda su eventuali rinforzi di organico, ha chiarito: «Non è competenza della Commissione. Spetta al Ministero dell’Interno, che so si è già mosso in questa direzione». Durante i lavori, il segretario della Commissione Antimafia, Anthony Barbagallo (Pd), ha presentato alcuni dati: «Nel 2024 in tutta la provincia di Catania è stata registrata una sola denuncia per estorsione, così come nei primi nove mesi del 2025. Ancora più allarmante è il dato sull’usura: zero denunce sia nel 2024 che nel 2025. Non possiamo che registrare silenzi e connivenze».

Infine, il sindaco di Catania, Enrico Trantino, promotore dell’audizione voluta trasversalmente dalle forze politiche e sociali della città, ha concluso: «Impediremo che Catania diventi campo di battaglia degli interessi criminali dei clan. Serve lucidità, determinazione e collaborazione per sostenere l’azione delle istituzioni e trovare soluzioni normative che assicurino reazioni più efficaci». La commissione ha audito, oltre Curcio, anche il sindaco Trantino, il prefetto Pietro Signoriello, il comandante dei carabinieri Salvatore Altavilla, il questore Giuseppe Bellassai, il comandante della guardia di finanza Marco Filipponi e il capo centro Dia Felice Puzzo.

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Published by
Alfio Musarra