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Ars, la Sicilia tra tensioni e responsabilità: Schifani convoca il vertice

Palermo al centro della tempesta politica siciliana: tra accuse incrociate, franchi tiratori e voci di crisi, il centrodestra cerca un punto di equilibrio. Schifani richiama la coalizione alla responsabilità, mentre Galvagno smentisce divisioni e invita a lavorare “per i siciliani”. La tensione che oggi attraversa l’Ars sembra riecheggiare le grandi crisi parlamentari della Prima Repubblica, quando i governi cadevano non per la forza delle opposizioni, ma per i silenzi e i voti segreti dei propri alleati. È il ritorno di quella “guerra fredda dei palazzi” che spegne le idee e accende le ambizioni, dove il potere diventa più fragile della parola data. Come ricordava Antonio Gramsci, “la storia insegna ma non ha scolari”: e in Sicilia, più che altrove, la politica sembra destinata a ripetere le proprie lezioni, tra la fatica di cambiare e il bisogno di ricominciare. E’ stata una settimana di fuoco, quella all’Assemblea Regionale Siciliana, con la maggioranza che esce ammaccata ma non ancora sconfitta. Dopo la votazione della manovra quater e la bocciatura di diversi articoli chiave, il presidente della Regione Renato Schifani ha convocato per lunedì un vertice urgente con gli alleati di governo. L’obiettivo: ricostruire la compattezza politica di una coalizione che, tra dissensi interni e malumori, rischia di implodere. Le tensioni esplose in Aula hanno mostrato una maggioranza fragile. Voti contrari arrivati dagli stessi banchi del centrodestra hanno fatto saltare norme ritenute fondamentali, accendendo le polemiche e le accuse di “franchi tiratori”. Per il senatore Raoul Russo (Fratelli d’Italia) «è grave che norme importanti siano state affossate con il voto segreto», mentre il capogruppo Giorgio Assenza ha difeso il partito: «FdI è rimasto in Aula, sostenendo la manovra. Attribuirci 17 franchi tiratori è una mistificazione». La Lega parla invece di “pagina nera per il Parlamento siciliano”. Il segretario regionale Nino Germanà condanna il comportamento in Aula: «Le rivendicazioni politiche si discutono nei vertici, non davanti ai cittadini». Aggiunge Vincenzo Figuccia: «È stato un Vietnam politico, ma dobbiamo ripartire subito con serietà». Dalla Democrazia Cristiana, Totò Cuffaro invoca “responsabilità e misura”, mentre Ignazio Abbate invita Schifani a “fare chiarezza e restituire ruoli e fiducia a chi ha sempre sostenuto il governo”. Non è la prima volta che l’Ars vive momenti di alta tensione. Gli osservatori più attenti ricordano le crisi del governo Crocetta e, ancor prima, quelle di Totò Cuffaro: stagioni in cui franchi tiratori e divisioni interne segnarono la vita politica siciliana. Anche allora, come oggi, la tenuta delle alleanze si misurava non nei comunicati, ma nei voti segreti dell’Aula. La storia sembra ripetersi, con una Sicilia che torna a interrogarsi sulla stabilità del suo governo e sulla capacità della politica di guardare oltre i propri equilibri interni. Nel pieno delle polemiche, a rompere il silenzio è il presidente dell’Ars Gaetano Galvagno, che in un lungo post social chiarisce la propria posizione e smentisce ogni frattura con il governatore. «Mai avuto litigi con Schifani, chi parla di scontro inventa. Lavoriamo per i siciliani», scrive Galvagno, aggiungendo: «Nessun litigio con Schifani, ci lega un rapporto di stima e amicizia». Poi una frecciata alla stampa: «In questi mesi ho letto di tutto, soprattutto su “La Sicilia”, ma mi sarei aspettato almeno una telefonata prima di leggere certi articoli». Galvagno ribadisce che «la manovra e le votazioni non sono in alcun modo collegate alle nomine» e precisa: «Smentisco in maniera assoluta quanto riportato sui miei rapporti con il presidente della Regione». Il presidente dell’Ars punta il dito contro chi “cerca di creare dissidi per emergere” e non risparmia una critica ai comportamenti in Aula: «Mi dispiace, da dirigente di FdI, che i deputati di Forza Italia, Lega e Dc abbiano lasciato soli i colleghi di Fratelli d’Italia». Poi, con amarezza, aggiunge: «Assistere a teatrini comici come la richiesta di numero legale fatta da un deputato di Forza Italia fa riflettere». Ma il messaggio di Galvagno si chiude su un tono costruttivo: «Il rapporto con il presidente della Regione è ben solido. L’Ars continua a lavorare per la Sicilia, approvando una manovra che sostiene i lavoratori dei consorzi di bonifica, gli allevatori e le famiglie più fragili». E lancia un monito: «È curioso che in un giorno di pace ci sia chi continua a soffiare sul fuoco. Io, in questi tre anni, ho sempre gettato acqua e spero di non dover cambiare abitudini». Nel frattempo, le opposizioni colgono il momento per affondare i colpi. Tiziano Spada (Pd) parla di “assenza di regia politica”, mentre Antonello Cracolici definisce la crisi “ormai parlamentare”. Il segretario regionale Anthony Barbagallo chiede a Schifani “di prendere atto della crisi irreversibile e restituire la parola agli elettori”. Dal Movimento 5 Stelle, la vicepresidente del gruppo Roberta Schillaci rivendica “un’opposizione dura ma costruttiva” che ha portato fondi aggiuntivi per i servizi Asacom e per lo sport paralimpico, mentre Lidia Adorno parla di “Caporetto del governo Schifani”. Il segretario generale della Cgil Sicilia, Alfio Mannino, osserva: «La maggioranza non è unita da un progetto di governo, ma solo da interessi di parte. Se non cambia metodo, meglio restituire la parola ai siciliani». Politicamente, la crisi di maggioranza segna un punto di svolta per il governo regionale.
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L.P