Racket, donne ai vertici di gruppi criminali legati a Cosa nostra
di Alfio Musarra :: 05 ottobre 2020 17:07

Su delega della Procura di Catania, i carabinieri del comando provinciale, hanno eseguito 18 provvedimenti. Tra i destinatari, ci sarebbero esponenti apicali ed affiliati del gruppo di San Giovanni Galermo e del clan Assinnata di Paternò, tutti ritenuti inseriti nella famiglia di cosa nostra catanese “Santapaola- Ercolano”, sempre presente nel capoluogo e in tutta la provincia etnea, poiché ritenuti responsabili, a vario titolo, di “concorso in estorsione continuata, commessa con l’aggravante del metodo mafioso”.
Le indagini, avviate lo scorso aprile a seguito della denuncia di un commerciante, hanno confermato come il clan Santapaola continua a taglieggiare commercianti ed imprenditori in cambio della protezione mafiosa. Le indagini, hanno confermato le richieste estorsive nei confronti di due imprenditori, padre e figlio, proprietari di una nota catena di supermercati, che ha visto avvicendarsi nel corso degli anni molteplici personaggi, tutti affiliati di spicco alla famiglia Santapaola-Ercolano.
Le vittime, inizialmente titolari di un punto vendita aperto nel 2001 ad Aci Sant’Antonio, vennero avvicinate da alcuni espeonenti, che offrirono la loro “protezione” in cambio di denaro minacciando che, in mancanza, avrebbero fatto saltare in aria il supermercato. Gli imprenditori iniziarono così a pagare mensilmente dapprima la somma di euro 350, quindi lievitata prima a 700, poi a 1.000 ed infine a 1.500 euro, in funzione dell’apertura di ulteriori altri due punti vendita situati a Valcorrente e Misterbianco, nonché di un Bar Tabacchi nel quartiere di San Giorgio a Catania, oltre al versamento di periodiche somme di denaro oscillanti tra i 500 ed i 1.500 euro versati agli esattori in occasione di ogni festività pasquale e natalizia.
Di particolare rilievo, anche il ruolo esercitato dalle donne, in quanto, a seguito dell’arresto di alcuni degli affiliati, si erano avvicendati nella riscossione del pizzo, le indagate hanno sostituito i propri congiunti nelle richieste estorsive e nella riscossione delle rate mensili. In particolare Rita Spartà, moglie di Salvatore Gurrieri, e la sorella Francesca Spartà, moglie di Salvatore Basile, che secondo l’accusa, erano state incaricate dalla consorteria di provvedere a ritirare il pizzo, mentre Maria Antonietta Strano (per cui sono stati riconosciuti dal Gip i gravi indizi di colpevolezza ma non le esigenze cautelari), moglie di Roberto Marino, secondo la ricostruzione, a qumnto pare riceveva presso la sua abitazione, le rate estorsive.
Dopo una forzata pausa nei versamenti dovuta al periodo Covid, era stata proprio Francesca Sparta’, subito dopo lo scorso ferragosto, a recarsi in uno dei punti vendita chiedendo alla vittima di riprendere subito i pagamenti e il versamento degli arretrati, avvisando il titolare dell’esercizio commerciale che da quel momento non era più protetto da rapine e danneggiamenti. Il giorno successivo lo stesso supermercato aveva subito una rapina da parte di tre soggetti con il volto coperto ed armati di pistola. Le vittime, non soltanto sono stati costretti al versamento delle rate estorsive ma hanno dovuto cedere anche alle richieste di Domenico Filippo Assinnata che, in occasione delle festività natalizie, avrebbe preteso ceste regalo e champagne del valore di diverse centinaia di euro.

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