Operazione della Guardia di Finanza,
sequestro preventivo da 94 milioni e 4 arresti
di Alfio Musarra :: pubblicato il 21 febbraio 2020 07:20 :: aggiornato il 22 febbraio 2020 15:48

Aggiunto Santonocito - Sost. Regolo - Sost. Tasciotti
I finanzieri del Comando provinciale della Guardia di finanza di Catania hanno eseguito un'ordinanza di misure cautelari nei confronti di 4 persone, poste agli arresti domiciliari per bancarotta fraudolenta per distrazione, per fatti attinenti allo stato d'insolvenza del colosso italiano Tecnis spa e di societa' consortili controllate, dichiarato dal Tribunale di Catania nel giugno 2017.
"Le criminose condotte predatorie poste in essere dal management della Tecnis" hanno "spogliato la società di quasi 100 milioni di euro nel corso di un quadriennio, dal 2011 al 2014, aggravandone il dissesto e rendendola insolvente". E' la ricostruzione della Procura di Catania della presunta bancarotta che ha portato agli arresti domiciliari tre imprenditori, Mimmo Costanzo, i fratelli Concetto e Orazio Bosco, e un loro presunto prestanome, Gaspare Di Paola. Al centro dell'inchiesta Arcot le indagini di militari del nucleo di Polizia economica finanziaria della Guardia di finanza di Catania che si sono avvalse anche di intercettazioni. "Lo schema fraudolento congegnato e perseguito dai soggetti arrestati", secondo la Procura, si è caratterizzato per "la concessione da parte di Tecnis di consistenti e vorticosi finanziamenti infragruppo 'non onerosi' diretti alle consorziate".
Le imprese beneficiarie, a loro volta, "anche con movimentazioni bancari realizzate nella stessa giornata, hanno veicolato le liquidità in questione a favore di società estranee al gruppo di riferimento, ma sempre dirette, anche con la presenza di prestanome, da Concetto Bosco e Mimmo Costanzo". Per la Procura "il profitto criminale originatosi dalla bancarotta fraudolenta veniva destinato, tra l'altro, alla realizzazione di strutture sportive e ricettive nel settore del turismo golfistico, la cui costruzione, in larga parte, veniva anche affidata alla stessa 'depredata'". Secondo l'accusa, "la compagine criminale, dunque, finanziata da mezzi tratti dalla società poi finita in amministrazione straordinaria, non remunerata per il malcelato finanziamento, realizzava distinti compendi societari senza dover ricorrere all'investimento di proprie risorse".
"La consistente mole indiziaria acquisita in poco più di un anno d'indagine", tra aprile 2018 e novembre 2019, ha "evidenziato come già a decorrere dal 2013 era venuta meno la continuità aziendale, non disponendo la Tecnis di risorse finanziarie sufficienti a supportare le esigenze della produzione e a ripianare le rilevanti passività scadute, in assenza di un immediato rientro delle significative posizioni creditorie vantate nei confronti delle società direttamente e indirettamente riconducibili a Costanzo e Bosco". Lo scrive la Procura di Catania sull'inchiesta Arcot.
A partire dal 2013, osservano i magistrati, la società "iniziava a ricevere diffide ad adempiere, ometteva versamenti di imposte per oltre 7 milioni di euro", per il 2013 e il 2014, e "procedeva alla cessione di asset aziendali rilevanti per l'obbiettiva impossibilità di sostenerne il finanziamento". Per la Procura sono "emblematiche alcune conversazioni intercettate" da militari del nucleo Pef della guardia di finanza di Catania, che "mettono in evidenza il ruolo dominante del duo Mimmo Costanzo-Concetto Bosco nell'amministrazione della Tecnis e della loro prassi di avvalersi di prestanome". In uno sfogo con un soggetto non indagato, Gaspare Di Paola, anche lui ai domiciliari, infastidito evidenziava che "mi hanno sempre trattato solo come un prestanome, io ho lavorato con imprenditori molto più seri di lui e di Mimmo, cioè ma molto più seri che quando l'impresa poi non c'era più, a me pagavano lo stesso..".
"Mimmo Costanzo alcuni anni fa, dopo iniziali reticenze, si decise ad ammettere, che la sua famiglia, il padre e poi lui stesso, direttamente pagavano alla famiglia Santapaola delle somme di denaro anche cospicue, ma assolutamente irrisorie rispetto a quelli che noi riteniamo di essere stati i benefici che ha ricavato da questa protezione che gli veniva accordata". Cosi' il procuratore della Repubblica a Catania Carmelo Zuccaro durante la conferenza stampa. "Non vi e' dubbio che questo modo di procedere predatorio nei confronti delle propria aziende - ha aggiunto - in realta' nascondeva anche la necessita' di alimentare la corruzione e di ottenere indebiti vantaggi dai rapporti con l'associazione mafiosa. Pero' questo non e' direttamente l'oggetto di questo procedimento".

L'aggiunto Agata Santonoito coordinatore del gruppo di magistrati specializzati che si occupa di reati finanziari e contro la Pubblica Amministrazione. Ha spiegato, la particolarità dell'operazione. Un "attività plurioffensiva". "Di questo denaro che è stato distratto con particolare e candida volontà da parte degli indagati - hanno detto - 90 milioni andavano all'Erario e dovevano essere utilizzati per il bene pubblico e 100 milioni erano dei creditori con nomi e cognomi. Imprese e società che per un effetto domino probabilmente a loro volta potranno fallire o avranno danni a catena che non si possono oggi quantificare. Dietro qeuste società ci sono lavoratori e famiglie".
"Non è solo qeusta la questione , ha detto il magistrato. "In questo modo si creano dei fondi neri. In buona parte verranno utilizzati da coloro che li hanno creati per benefici personali, ma in altrettanta parte verranno utilizzati per corrompere, per pagare la criminalità organizzata". "La distrazione è avvenuta tra il 2011 ed il 2014 ed il coinvolgimento della Tecnis nell'indagine "Dama nera" con le tangenti all'Anas, ricordando come fossero emersi rapporti con il gruppo Santapaola. "Il denaro che viene messo da parte è denaro - hanno sottolineato - che si ritorce contro la collettività ad ogni livello, alla finanza pubblica, anche come elemento di corruzione nei confronti dei pubblici impegati, come elemento di contatto e di crescrita delle organizzazioni crminali".
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